Gli antichi rurali del Colle
Inerpicarsi per i declivi di Vigo e Sovizzo Colle significa addentrarsi in una zona ricca di storia, stabilmente occupata sin dall’antichità, in considerazione anche della posizione collinare rispetto all’adiacente vallata percorsa (e spesso allagata) dal capriccioso torrente Onte. Non a caso proprio nella denominazione di Sovizzo si legge la sua collocazione “sotto il Vigo”: sub vico per i Romani, sotto il villaggio, che evidentemente era il nucleo abitato di riferimento. Dopo le scorrerie e le invasioni del Medio Evo, i vari patrizi vicentini, tramite ovviamente gli intrallazzi e i buoni uffici dei Canonici della Cattedrale, autentici businness-men dell’epoca, cominciarono a spargere per il territorio non solo le loro ville signorili, ma anche insediamenti stabili per la gestione delle coltivazioni e degli allevamenti. È documentato che la famiglia dei Bissari, agli inizi del ‘300, abbia affidato l’incarico di “svegrare” (rendere coltivabili) le alture e le vallette di Sovizzo Colle e di Vigo a otto famiglie di boscaioli di origine germanica. Erano un contingente dei celebri “Tzimber”, i Cimbri insediati soprattutto nei Monti Lessini e sull’Altipiano di Asiago. Ad ogni nucleo familiare di questi Cimbri, la famiglia Bissari assegnò una superficie di 23 campi. Probabilmente anche grazie alla loro opera (erano lavoratori accurati ed infaticabili) il territorio collinare di Sovizzo si presenta in veste ambientale gradevole e ricco di colture, testimoniando quell’originario rispetto e attaccamento alla terra dalla quale le tante generazioni hanno ricavato da vivere per secoli. Durante il Rinascimento, nelle varie tenute del Vescovo, dei monasteri o dei possidenti, magari nelle adiacenze di ville residenziali, sorsero quindi molte case rurali, semplici nella loro linearità architettonica, destinate all’organizzazione e al domicilio di coloni, animali e mezzi per l’agricoltura. Tuttora si possono individuare, lungo la dorsale Villapiazzola, alcune significative vestigia di quegli insediamenti, come la casa Dani Meneguzzo, il rurale Coaro e casa Parlato, che nel ‘500 era una fattoria conventuale, dalla quale ogni mattina partiva un carro trainato da un asinello per portare latte e frutti della terra ai frati di Monte Berico.