Villa Civena
“In questa villa, circondata da serena amenità, si allietino e si ricreino amici e ospiti così decido — Andrea Civena figlio di Ottaviano — secondo la tradizione dei miei antenati”. È questa l’iscrizione, ovviamente in latino, che si legge su una lapide che spiega Villa Civena, a metà collina tra Montemezzo e la valle dell’Onte, in località che nel nome rievoca antichi richiami longobardi: contrà Garibaldo. La lapide, murata sopra la porta di ingresso, reca la data 1592. Da qualche anno la minaccia turca si era infranta a Lepanto, erano superati gli anni delle devastazioni barbariche ed evidentemente un nuovo respiro animava la società, soprattutto della classe abbiente. Palladio aveva realizzato in giro per il Veneto mirabili gioielli architettonici e anche i rampolli delle famiglie vicentine non avevano perso occasione di disseminare il territorio del circondario di ville e giardini, destinati per lo più a soggiorni ricreativi e di svago. Villa Civena, secondo gli esperti, per la posizione e per la conformazione è stata una delle ville di maggior pregio e di interesse del primo cinquecento vicentino. Ora, paralizzata da innumerevoli frammentarie successioni di proprietà, rimaneggiata e sfigurata da improprie (“delittuose” secondo qualcuno) destinazioni d’uso nel corso dei secoli, è lontana dall’originario fulgore. In qualche angolo, consunti dall’incuria e dal tempo, compaiono ancora esili tracce degli originari affreschi, soprattutto nell’interrato. La pregevole colombara, che si affaccia austera sulla valle, presenta all’interno una meravigliosa scala a chiocciola e, considerando la posizione e le merlature, probabilmente è stata una struttura di avvistamento o difensiva preesistente alla villa. Nelle adiacenze è attiva una azienda agricola, che porta il nome della villa, specializzata nella coltivazione e produzione di specialità alimentari naturali.